
Tatuare: dal taitiano TA-TAU, segno o disegno sulla pelle umana, impronta, è una voce che trasmigrò in Europa dopo i viaggi del celebre inglese Cook. Un’arte che risale a migliaia di anni fa, proveniente da una tradizione che si è evoluta in popolarità, creatività, metodologie, e attrezzature.
Esibiti da reali e marinai, prostitute e pellegrini, carcerati e crociati, i tatuaggi per lunghi periodi sono per lo più associati a categorie sociali volgari: dai pirati caraibici ai biker violenti della California. In definitiva proibiti nel 787 d.C. con Papa Adriano I, sono i protagonisti di una storia tortuosa e complessa. È solo alla fine degli anni ’60 con l’affermarsi della cultura pop che vengono riabilitati e diffusi, divenendo in poco tempo una moda condivisibile da persone di ogni età. Anche i Rolling Stones nei primi anni ‘70 ostentavano i loro tatuaggi. Sul finire degli anni ’80 quest’arte viene accettata dalla società fino a divenire libera dai pregiudizi che per decenni l’hanno perseguitata.
I significati che custodiscono possono essere universali o personali.
Così come il sole rappresenta la vita, la fertilità, il potere ed è spesso associato alla mascolinità, allo stesso modo la luna viene considerata il simbolo del cambiamento con riferimento al ciclo mestruale.
Si possono incidere ali, amuleti, cuori simboleggianti l’abbandono all’amore, figure iconiche come Che Guevara che difendono la rivoluzione e lottano contro la disuguaglianza, oppure serpenti e leoni che rimandano alla trasgressione e alla forza, o ancora farfalle, fiori di loto, pavoni per risaltare gli intrecci di colori. Un’arte, insomma, che nonostante si serva di tessuto umano non ammette limiti all’immaginazione.
Una tecnica decorativa che può anche rappresentare un credo, un pensiero, un marchio distintivo, l’elaborazione di un lutto, la scongiura di una paura, il valore di una gioia o semplicemente il mettere in atto un gioco, senza tralasciare la sua funzione puramente estetica: un gioiello decorativo che aggiunge eleganza e stile, oppure un disegno che copre cicatrici o ferite. Un segno sulla pelle per ricominciare a vivere.
Oggi tatuare è un gesto riconosciuto dalle agenzie governative come professione e forma d’espressione artistica, una conquista che ne ha permesso il riconoscimento e l’esposizione nelle gallerie d’arte e musei.
Manifestazione di stili e contenuti diversi, abbiamo chiesto a quattro professionisti del bel paese di raccontarci la passione per quest’arte strettamente connessa a una parte del corpo largamente estesa e sensibile, e di come l’hanno lasciata fiorire.
Andrea Audisio
Negli anni sperimenta gli stili più disparati senza percepirne alcuno come proprio, “forse la consapevolezza di derivare da una cultura consumistica che si ciba di tutto ciò che trova senza cercarne l’essenza, né porsi domande, mi ha portato ad essere plasmabile alle diverse possibilità creative che il tatuaggio offre”. Lavora alla realizzazione di soggetti diametralmente opposti, oggi una scritta, domani un soggetto realistico in bianco e nero, dopodomani un astratto colorato. Non riesce a vedersi incasellato in un unico stile, anche se ammira chi lo fa, migliorando delle specifiche abilità, è consapevole che questo rappresenta una sua debolezza, ma anche un suo punto di forza.

Nato negli anni ottanta da genitori operai, viene fin da piccolo educato all’ascolto di buona musica, con particolare riguardo a quella inglese e americana degli anni settanta, e all’attenzione verso le arti visive stimolate dai disegni a matita di suo padre, con tratto deciso e di carattere, e a quelli astratti della zia, che va a sbirciare ogni qualvolta lo portano in visita da lei.
Da bambino è attratto dai tatuaggi ad acqua, che nei rari momenti in cui gli vengono regalati, custodisce come oggetti preziosi fino al desiderato momento del trasferimento sulla pelle. Il problema al quale deve assolutamente trovare una soluzione è che vanno via dopo pochi giorni!
Allora chiede al padre come vengono realizzati i tatuaggi quelli veri, il quale risponde che sono eseguiti in una specie di sala operatoria tramite l’utilizzo di un macchinario molto doloroso che trasferisce fili colorati sottopelle. In cuor suo voleva dissuaderlo. L’immagine ad Andrea appare chiara e spaventosa, adesso è sicuro che mai oserebbe farne uno! Intanto l’abitudine a disegnare incalza, ma senza troppa convinzione; fare disegni gli piace ma il problema è quel foglio bianco dal quale non si sente stimolato, né completamente appagato.
Da ragazzo i gusti musicali si espandono al punk e all’hard core punk, compra album con copertine raffiguranti affascinanti e pittoreschi personaggi con la pelle tatuata e forata da piercing, immagini che lo incoraggiano a disegnarsi le braccia, con pennarelli e penne a china, e ad autorealizzarsi piercing.
Un giorno fa un foro su una parte di pelle su cui ha disegnato, e si accorge stupito, rimuovendo l’ago, che un punto di colore attraversa la pelle, permanendo per giorni.
Andrea crede di avere inventato qualcosa di nuovo, un sistema alternativo a quello che il padre gli aveva raccontato, si rende conto che il risultato è solamente una macchia rudimentale, ma sa di poter affinare la tecnica, e di poter migliorare i risultati. Poco tempo dopo si accorge non solo di non aver inventato nulla ma di aver scoperto, per puro caso, una tecnica vecchia millenni. Da quel momento inizia a fare domande, chiede nozioni, ruba informazioni a chi i tatuaggi li espone sulla propria pelle, vuole assolutamente saperne di più.
A quattordici anni è completamente ossessionato da quel mondo.

Con il motorino di un walkman (mangiacassette) costruisce la sua prima macchinetta e inizia a realizzare i primi tatuaggi sul suo corpo. Vuole migliorarsi ma la cosa non è così facile, non ci sono materiali da consultare, libri o internet, procede seguendo l’intuito, cerca indizi nei racconti degli altri, che risultano spesso fuorvianti. Infine conosce dei tatuatori, ma neanche quella strada è illuminante: alcuni sono impreparati, mentre in altri riconosce il timore di condividere il proprio sapere.
A tredici anni si avvicina alla chitarra e agli ambienti punk, grazie ai quali apprende vaghe frammentarie nozioni, e molteplici porte in faccia. È allora che decide di fare tutto da solo. Con estrema fatica e dedizione, saranno l’amore, la determinazione e la costanza a guidare Andrea verso i primi risultati, ottenuti intorno ai venti anni.
Prosegue intanto con la costruzione di macchinette sempre più sofisticate, allo stesso tempo dipinge e disegna. Finalmente il disegno ha una finalità: la pelle! Anche circa l’arte è autodidatta, non frequenta corsi, a stento termina le superiori in una scuola tecnico-professionale.
Negli anni lavora come falegname, mobiliere, elettricista, vende, ripara e costruisce pc e si avvicina alla grafica dove da solo impara a programmare siti web e a usare programmi di grafica, così diventa web designer e grafico lavorando per diversi anni nel settore.
Con l’arrivo dei trenta, realizza il sogno e apre il suo studio. Nel 2010 nasce Metamorfosi Tattoo Studio.
Qualche anno dopo, quando lo studio inizia a farsi conoscere, il tatuaggio diventa un trend. Persone, chiaramente inconsapevoli di cosa vogliono e del motivo che li spinge a farlo, chiedono tatuaggi, diventati oramai un fenomeno di massa.
Una diffusione che stressa non poco Andrea, tanto da pensare di chiudere l’attività. Diventa scontroso e insofferente nel fronteggiare il manifestarsi delle più disparate situazioni quotidiane.
Per fortuna è solo un momento è di passaggio. Andrea riprende respiro, controllo di sé e del suo lavoro. È di nuovo felice.

A distanza di un decennio dall’inizio della sua carriera Andrea, si scopre interessato a questioni filosofiche, antropologiche e scientifiche, gli piacerebbe vivere in una grande città per poter accedere più facilmente a corsi universitari, ma mai oserebbe inficiare il legame che ha con la sua città.
La sua crescita professionale va di pari passo con quella personale, comprende quanto i lavori apparentemente insignificanti siano stati fondamentali. Comprende quanto la qualità della sua vita sia determinata non tanto dai risultati dei tatuaggi che realizza quanto invece dalla qualità del tempo che spende con le persone. “Questa è l’esperienza che resta… siamo esseri socievoli e necessitiamo di relazionarci in modo libero e coeso”.
Nel suo lavoro il concetto d’ispirazione ha a che fare col caos. La sua mente è irrequieta, costantemente in funzione, per questo chiede sempre ai suoi clienti dei parametri, dei punti precisi entro i quali restare.
Il suo studio è la sua casa, l’ha pensata, creata, spogliata, ricostruita e riadattata, è sempre in mutazione, come lui. Nel lavoro canalizza le sue energie, dall’amore alla disperazione. Tatuare per lui è un bisogno viscerale, lo allontana dalla tragicità dell’esistenza.
Gli piacerebbe avere più tempo per suonare, disegnare e realizzare complementi d’arredo. Gran parte del suo studio, infatti, è costituito da arredi e luci di sua creazione.
IG: andrea_audisio
Morg Armeni
Ha uno stile surrealista per definizione, a tratti erotico, sicuramente naturale/botanico. La fisica quantistica e le energie universali, negli ultimi dieci anni, sono parte integrante dei suoi pensieri, così per creare si serve di simboli. Cosciente che nulla è un caso, non ama essere definita nel lavoro così come nella vita privata. La professionalità è una cosa che la appaga.

Morg (questo è il nome che si è scelta quando ha raggiunto la maggiore età) viene al mondo prematura di sette mesi e mezzo, in una famiglia cattolica, nella città di Genova, un luogo dove non ha mai avuto legami di parentela.
Da bambina i contenuti onirici bussano prepotentemente alla sua porta per elemosinarle ascolto. Un mondo, quello dei sogni che già intorno ai tre anni necessitava di essere esteriorizzato mediante una qualche forma, così Morg disegna le immagini impresse nella sua memoria. Vuole magicamente raffigurare le sue visioni.
Inizia a utilizzare i colori a olio da ragazzina, dipinge per lo più donne nude (sofferenti all’epoca) e fa disegni erotici prima ancora di sapere come nascono i bambini. A dieci anni, manifesta la sua creatività disegnando tatuaggi con matite acquerellabili, e a dodici pungola i più temerari tra gli amici con la tecnica hand poke.
È solo grazie al supporto della famiglia che può inseguire la sua passione. Studia storia dell’arte e l’arte del disegno, con annessa conoscenza delle sue varie applicazioni. Quando contro il parere dei genitori (che la indirizzano verso la pittura) il suo super nonno le regala la sua prima macchinetta, Morg inizia a pensare di poter tramutare la sua passione in professione: di nascosto cerca e trova dei lavori improponibili, e racimola i soldi per comprare aghi, puntali, colori, e tutto ciò di cui necessità. Di lì a poco si cimenta nei suoi primi esperimenti sulla pelle, che sono un vero successo sia in termini di risultato oggettivo che come personale sensazione viscerale.
Dopo i primi anni di lavoro in casa, chiede ospitalità in vari studi, incontra Sergio Messina dello Shock Tattoo di Roma, dove inizia a lavorare e a capire di cosa necessita per migliorarsi. Due anni dopo fa esperienze all’estero e quando rientra apre il Morganic Heart a Genova.
Dal 2005 al 2014 succedono tante cose. Nel 2010, dopo cinque anni lavorativi intensi, tra mostre, convention nazionali e internazionali, sente che sta trascurando la sua vera essenza, consapevolezza che la spinge a fuggire dalla routine e a rifugiarsi sulle montagne innevate, isolamento al ritorno del quale si fa strada un nuovo modo di pensare che tutt’ora l’accompagna e che continua ad evolvere.

Nel 2012, quando viene trasmesso in tv un programma di Dmax chiamato Milano City Tattoo, che la vede tra i protagonisti, Morg non riesce bene all’esposizione mediatica, così decide di allontanarsi percorrendo un cammino di sedici giorni nella valle del Khumbu Himalaya. Sparisce proprio nel momento in cui tutti la cercano, ha bisogno di ritrovarsi e di dedicarsi al tatuaggio così come lei lo intende: una magia curativa sulla pelle, una catarsi degli squilibri esterni e interni, una riconciliazione con sé stessi.
A partire dal 2007 è la pratica dello yoga a rivoluzionarle la vita. Tutt’oggi parte della sua quotidianità intensifica le sue percezioni, la guida istintivamente nelle scelte più disparate, nella lettura sulla pelle dei messaggi del subconscio e nella continua ricerca, una voglia di sperimentare che fin da bambina applica alla sua vita personale e che di conseguenza si rispecchia in ciò che disegna.
Durante la formazione si lascia influenzare dalla vecchia scuola. Nella pittura, dapprima rimasta folgorata da Mark Ryden e il filone surrealista, oggi tornata a una visione personale delle varie influenze.
In genere le idee le arrivano da un’immagine che ha dentro, se la visione è chiara semplicemente la riproduce, altrimenti se l’idea è un concetto e la visione poco definita cerca fotografie o altro che possano servire allo scopo.
“Chiaramente sono qui per fare la mia parte nella creazione di una nuova coscienza universale. Al centro c’è la natura, l’amore, la guarigione, la sovranità dell’essere.”
Disegna visi e figure femminili, è attratta dai corpi, in particolare dagli occhi, e spera che i suoi dipinti e la sua vita in generale possano servire da catalizzatore per altri. “Per un’artista pensare di creare pezzi unici e indelebili sulla pelle di esseri viventi, credo sia qualcosa di unico”.

Morg lavora anche al Lacrima nera Tattoo Saloon di Firenze, e il Wallace Tattoo a Milano, entrambi luoghi che insieme alla sua piccola casa studio dove dipinge, immersa tra le piante che circondano la sua finestra, rappresentano delle solide basi.
La sua frase mantra è “Everything is Always working out for you” di Abraham Hicks.
Da quando ha letto Psicomagia di Alehandro Jodorowski nulla è più tornato come prima.
Tra i suoi album preferiti, in primis Advaitic Songs degli Om, a seguire Welcome to Sky Valley dei Kyuss e Jam Room dei Clutch.
IG: morg_armeni
Marco Manzo
Specializzato nello stile tribale e 3D, si dedica maggiormente allo stile ornamentale che gli permette di ridisegnare il corpo femminile, slanciare le forme e di mettere in evidenza i punti di forza. È grazie a questa forma espressiva che riesce a portare il tatuaggio nelle collezioni dei musei di arte contemporanea, nelle grandi mostre, al Senato della Repubblica e nell’Alta Moda. I suoi lavori sono pezzi unici frutto di un profondo lavoro personale.
Gli sta a cuore l’igiene e la sicurezza, condizioni da garantire al cliente insieme alla soddisfazione del risultato.

Marco nasce alla fine degli anni ’60 a Roma, fa il Tatuatore e il piercer nel suo studio della capitale Tribal Tattoo, e insegna nei primi corsi professionali obbligatori per gli esercenti di attività di tatuaggi e piercing richiesti dal Ministero della Sanità, sin dalla loro istituzione.
Disegna da sempre, da bambino delinea il corpo dei suoi compagni di scuola con la penna bic.
Consapevole del fatto che questa grande passione toglie tempo e spazio ad altre cose importanti della sua vita, non pensa mai di abbandonare tutto, anzi si sente fortunato e privilegiato perché ogni giorno fa esattamente ciò che ama.
Nel 2015 la sua attività lavorativa viene messa in discussione da una frattura al braccio. In quel momento si rende conto di quanto il suo lavoro sia importante, s’immerge in una ricerca personale che gli permette di cavalcare un notevole cambiamento nella sua produzione artistica. Da lì prende vita quello che oggi è riconosciuto come il suo stile ornamentale. Possibilità resa concreta anche grazie al contributo di Francesca Boni (responsabile dello studio del disegno), preziosa collaboratrice artistica e moglie di Marco.
Per anni lotta, insieme ad altri del settore, per il riconoscimento del tatuaggio come forma d’arte, riconoscimento ottenuto grazie al sostegno che ha ricevuto dalle istituzioni. Ex bambino irrequieto, oggi è soddisfatto dell’uomo che è diventato, degli affetti che ha accanto e dei principi che ha sempre portato avanti.

“Non disegno sulla pelle, ma sulla persona, è molto affascinante. Sarebbe stato più semplice disegnare su una tela, un foglio o un muro ma amo le sfide e ritengo di avere ancora tanto da imparare, ho scelto un lavoro difficile che richiede tanta attenzione”.
Convinto che ogni tatuaggio nasca da una frattura, un cambiamento o da un’esperienza vissuta, è entusiasta di poter storicizzare quel momento unico. Ciò che rende possibile questo lavoro è la conoscenza profonda del cliente che spesso racconta senza filtri i passaggi fondamentali della sua esistenza, creando un clima di magia grazie al quale riesce a conoscere profondamente persone viste in poche occasioni. Gli capita spesso di sentirsi dire “Non so perché ti ho raccontato questa cosa che non ho mai detto a nessuno… “.
“Il fatto che mi venga affidata la propria pelle è una dimostrazione di fiducia da parte del cliente che mi rende onorato di poter realizzare i propri desideri”.
Quando un cliente entra nel suo studio avviene una prima tappa di conoscenza, poi c’è lo studio del corpo e del gusto artistico/estetico della persona.

Attento a soddisfare ogni esigenza e ad elargire più stili, nel suo studio vi è anche la presenza di Diego Censori, un professionista specializzato nel realistico, cartoon, watercolor e ritrattistica.
Tra i tatuatori degni di stima nomina Volko e Simon del Buena Vista Tattoo Club, David Rinklin, Paul Booth.
Tatuare, negli anni, ha sicuramente modificato il suo modo di relazionarsi con le persone.
IG: marcomanzotattoo
Riccardo Lazzara
Ha uno stile decisamente surrealistico. Accosta a figure realistiche e iper-dettagliate, elementi astratti e di fantasia.

Si definisce serio e professionale, e attento ai desideri dei suoi clienti, tenendo conto ovviamente dell’ispirazione artistica. Tutto ciò che lo circonda è fonte d’ispirazione: un’immagine vista in strada o sul web, una sensazione, un sentimento o uno stato d’animo.
Le tematiche che gli stanno a cuore, sono la crisi climatica che minaccia gli ecosistemi, i mari e gli oceani in cui vivono i suoi amati squali.
Ama disegnare i volti di donna e gli squali, soggetti apparentemente antitetici: la figura della donna, bellissima e docile, e lo squalo, predatore senza pietà.
Riccardo (Lazza per gli amici pigri), Nasce nella primavera del ’92 a Torino. Iperattivo e creativo inizia a disegnare da bambino con le prime matite che sua madre, amante del disegno e dell’arte, gli regala.
Dopo il diploma scientifico, s’iscrive a Giurisprudenza (di cui è prossimo alla laurea), e a metà strada, gli viene offerto l’ingresso nel mondo dei tatuaggi, negatogli precedentemente per questioni economiche, così decide di provarci.
Inizia a tatuare per gioco, una sorta di scommessa con sé stesso, ma presto, preso dall’entusiasmo e dai primi clienti si accorge che con quell’attività vuole riempire le sue giornate. Non nega che ci sono stati momenti in cui ha pensato di non farcela ma con un occhio al passato riconosce che quei momenti sono stati la sua forza, stimolandolo a fare di più.

Dai primi disegni, ne fa di strada, passa attraverso bozzetti a pennarello, tavole di acquerelli, i suoi amati dipinti olio su tela e infine si dedica all’inchiostro sulla pelle.
Durante il suo percorso incontra molte persone, che a loro modo contribuiscono ad arricchire il suo bagaglio. Tra tutte, menziona il ragazzo che gli offre il suo primo impiego, il primo ad avere creduto in lui.
È stato un bambino tranquillo e fantasioso, l’osservatore curioso di un mondo pieno di colori, forme e rumori. “Voglio diventare la versione migliore di me, imparando dai miei errori e inseguendo sempre nuovi obiettivi. Dopo tutto, non si smette mai di imparare”.
Prova tantissime tecniche, ma resta attratto dall’idea di lasciare una traccia indelebile della sua arte sulla pelle di qualcuno.
Per Riccardo è fondamentale una reciproca relazione di rispetto e fiducia col cliente, le basi per lavorare sfruttando a pieno il suo potenziale creativo, cerca di adattare le sue idee e la tecnica alla singola persona e alla richiesta che gli viene posta, pur cercando di preservare la sua impronta stilistica. Dopo un primo incontro conoscitivo dove il cliente esprime la sua idea, avviene la fase di creazione della bozza con eventuali modifiche. In ultimo si passa all’azione: seduta/e di tattoo.
Lavora in un piccolo studio vicino al centro di Torino, dove da subito è stato accolto da un team di tatuatori, sentendosi parte della squadra.

“I don’t want to miss a thing” è la sua frase mantra ed il suo primo tatuaggio.
Essendo sommerso dai tomi universitari difficilmente riesce a dedicare del tempo alla lettura di piacere. Il suo album preferito è Siamo solo noi, del buon vecchio kom Vasco Rossi.
Tra i tatuatori, consiglia di tener d’occhio, oltre a tanti bravissimi connazionali, Steve Butcher, Jay Free Style, e Carolina Caos Avalle.
IG: riccardo_lazzara_art