© Gabriella Mercadini
Nell’udire certe dissonanze
al lento chiaro di luna
poiché ciò che, infreddoliti, né io né te capiamo,
è ben oltre le nostre speranze, forse
è vero amore, disse la cornamusa
congelandomi. Mentre in lente volute le note parlavano senza paura
io chiusi gli occhi e cantai lentamente, una stretta
nel pulsare di tutte le moltitudini. 1
Con questa poesia appartenente alla raccolta “Sleep“ vogliamo presentarvi Amelia Rosselli: musicista, compositrice, etnomusicologa e poetessa italiana.
Il fatto stesso di tentare di definirla, di scegliere delle parole adatte alla sua persona, trova delle resistenze rispetto alla sua vita, alla sua eterna lotta volta a ricomporre i frammenti di un’esistenza fuori dall’ordinario.
“Nel pulsare di tutte le moltitudini“, questo il verso che in un certo modo racchiude il suo mondo, le sue tensioni poetiche ed esistenziali. Una coesistenza di vite che sono allo stesso tempo manna e condanna per l’artista, costantemente alla ricerca di una voce in grado di rappresentarle tutte.
È proprio questa sua complessità a proiettarla in un tempo diverso da quello in cui vive, rendendola un’immagine perfetta per la nostra contemporaneità.
Figlia di Carlo Rosselli e di Marion Catherine Cave, attivista del partito laburista britannico, viene fin dall’infanzia esposta al dolore della perdita: l’assassinio del padre e dello zio voluto da Mussolini la obbliga a uno spostamento prima in Svizzera, poi negli Stati Uniti e infine in Inghilterra. È dunque fuori dall’Italia che compie i suoi studi: filosofici, musicali e letterari.
A chi per questo suo vagare erratico l’ha definita apolide risponde fermamente di non riconoscersi in tale declinazione: “Non sono apolide. Sono di padre italiano e se sono nata a Parigi è semplicemente perché lui era fuggito dal confino a Lipari a cui era stato condannato per aver fatto scappare Turati […]. Mio padre fu poi ucciso con suo fratello. Aver imparato l’inglese, quindi, oltre al francese, è dovuto alla guerra, perché allora andammo in Inghilterra e da lì fuggimmo poi via Canada per gli Stati Uniti […]. Cosmopolita è chi sceglie di esserlo. Noi non eravamo dei cosmopoliti; eravamo dei rifugiati.” 2
Tornata in Italia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale inizia a lavorare come traduttrice presso diverse case editrici tra Firenze e Roma; qui, frequentando l’ambiente letterario dell’epoca viene in contatto con alcuni degli esponenti che poi daranno vita al Gruppo 63, di cui la poetessa farà parte, seppur tangenzialmente.

Tra le tante voci di Amelia Rosselli c’è senza dubbio quella musicale, cui dedica una buona parte della sua vita di studiosa, pubblicando anche alcuni saggi in materia.
Possiamo tuttavia affermare che l’artista scelga di accantonare la musica per la poesia, preservandone però un costante riferimento, sia nei titoli delle sue opere, pensiamo ad esempio alla raccolta “Variazioni belliche“ sia nella scelta della struttura metrica che accompagna i suoi lavori.
Uno degli elementi di grande fascino proprio della Rosselli, è infatti la sua incessante sperimentazione linguistica sempre contenuta all’interno di tecniche propriamente musicali. L’artista non lo nasconde, anzi ne fa una personale cifra stilistica affermando che: “Una problematica della forma poetica è stata per me sempre connessa a quella più strettamente musicale, e non ho mai in realtà scisso le due discipline, considerando la sillaba non solo come nesso ortografico ma anche come suono, e il periodo non solo un costrutto grammaticale ma anche un sistema”. 3

Al suo intenso rapporto con la musica Amelia Rosselli unisce una conoscenza linguistica plurima: al francese imparato da bambina si uniscono l’inglese della madre e l’italiano del padre, che infine sceglie per la maggior parte dei suoi componimenti poetici, fatta eccezione per la raccolta: “Sleep“, cui appartengono i versi attraverso i quali abbiamo iniziato questa nostra indagine.
Limitarci però a definire come italiana la lingua utilizzata dalla Rosselli sarebbe ingiusto sia nei suoi confronti sia rispetto chi ne coglie le particolarità venendo a contatto con le sue opere; si tratta infatti di una lingua ibrida, ricca di influssi che oltrepassano i confini nazionali arrivando in ognuno di quei luoghi che hanno visto l’artista crescere e imparare:
La lingua in cui scrivo di volta in volta è una sola, mentre la mia esperienza sonora logica associativa è certamente quella di molti popoli. Tutte le migrazioni cui sono stata costretta hanno prodotto una dissociazione linguistica e di permanente inconsistenza. La lingua riflette tale situazione”. 4
Attraverso questo linguaggio stratificato, attraverso una dimensione triplice non solo linguistica ma anche strutturale, l’artista considera il verso come un “cubo“ 5, dotato di profondità e di peso energetico, la Rosselli tenta di dare una veste razionale alla natura simbolica del suo verso, che non può ridursi a una forma graficizzata e bidimensionale “ridotta” su un foglio di carta. 6
Il dolore, la ricerca di sé di cui sono intrisi i suoi versi appartengono a lei stessa e a tutti coloro che la leggono; la violenza dei conflitti, i suoi ideali politici, l’essere donna in un mondo che è uomo, la malattia che non riesce ad accettare, la spingono ad una ricerca interiore costante che tuttavia non riesce a colmare: “Ed è inerme che io battaglio per una / chiarezza che non ha permesso d’esistere“. 7
Il degenerare progressivo di un malessere fisico e psicologico porta la Rosselli a un graduale e irreversibile abbandono: “Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai come è fatto forse non hai più bisogno di scrivere. Per questo tanti poeti muoiono giovani o suicidi”, aveva confessato in un’intervista a Sandra Petrignani, scegliendo di andarsene poco dopo.
C’è una cosa più di tutte cui noi ragazze di Judith piace pensare, una cosa che Amelia Rosselli ha scritto fin dai suoi inizi con Variazioni belliche: “Io rimo per un altro secolo“, diceva, ed è un onore che quel secolo sia proprio il nostro.
1 Amelia Rosselli, Sonno-Sleep (1953-1966), testo orig. a fronte, traduzioni di Antonio Porta, Roma, Rossi & Spera, 1989; Genova, S. Marco dei Giustiniani, 2003
2 Intervista con Zacometti, “Figli della guerra”, (p116-117)
3 Spazi metrici, Amelia Rosselli, [1962], in Antologia poetica, Milano, Garzanti
4 Spazi metrici, Amelia Rosselli, [1962], in Antologia poetica, Milano, Garzanti
5 Incontro con Amelia Rosselli sulla metrica, p.1257
6 Amelia Rosselli: biografie e poesia, Stefano Giovannuzzi, Interlinea
7 Loco motrix, Amelia Rosselli